“Solo la percezione, che abbiamo del tempo è nostra! Il tempo non può essere né posseduto né domato, esso sfugge inesorabilmente“.
Amadeo Furlan
Recentemente ho visto al cinema un interessante film che mi ha fatto riflettere molto: “Il Curioso Caso di Benjamin Button“.
Come spesso accade, quando vado al cinema, cerco di capire quali insegnamenti mi può offrire la pellicola vista e quali scene possono essere funzionali per far passare un determinato messaggio al mondo imprenditoriale e manageriale. In questo caso, la pellicola sopracitata ricalca perfettamente l’attuale nostra situazione economica, offrendo una chiave risolutiva attraverso l’esempio della scelta di un uomo che, attraverso la sua singolare esperienza di vita, ha saputo uscire dal guscio dei vecchi cliché.
Il film racconta la storia di un bimbo che nasce con la salute di un novantenne: artrosi, cartilagini ossificate, cataratta, sordità, affliggono il povero infante. Il tutto è ambientato a New Orleans a partire dal 1918. La madre del bimbo muore dandolo alla luce e il padre, afflitto, lo abbandona sulle scale di una casa di riposo, dove viene accolto dalla governante e suo marito. Al piccolo viene dato il nome di Benjamin e una volta fatto visitare dal medico, si scopre che è destinato a morire di vecchiaia di lì a poco. In realtà, più passa il tempo, più il bambino rinvigorisce.
Apparentemente sembra un’idea insensata, poco credibile, ma sicuramente originale, ed alcuni passaggi del film sono così ricchi dal punto di vista emozionale che portano lo spettatore ad immergersi nella storia in modo totale. L’intera pellicola è una speciale metafora della nostra situazione economica.
La scena iniziale appartiene ad una donna molto anziana, prossima alla morte, distesa su un letto d’ospedale, mentre fuori infuria una tempesta, nell’immediato periodo prima del disastro causato dall’ uragano Katrina; al suo capezzale la figlia Caroline che, sconvolta dal dolore per l’imminente distacco dalla madre, esaudisce gli ultimi voleri della donna, leggendo insieme a lei un vecchio e segreto diario scritto da un certo Benjamin.
Le parole del diario raccontano la vita di Benjamin e del suo singolare caso: il vivere lento e inesorabile di una casa che ospita delle persone anziane, contrapposto a quello frenetico e vivace dei bambini che li vanno a trovare e la curiosa figura di questo Benjamin intrappolato nel corpo di un vecchio che, all’età di sette anni fa i suoi primi passi, spinto dalla biblica frase “alzati e cammina!” gridata da un predicatore carismatico nero, che crede in tal modo di esorcizzare un demone che dimorerebbe nel suo corpo avvizzito.
La storia è tutta un flashback, ambientata nel presente, dove vengono narrati i fatti di molti anni prima. In questa prima fase, lo svolgimento delle scene del film crea una sorta di ipnosi multisensoriale, tanto da rimanerne affascinati, mentre con la mente ci si comincia a chiedere “cosa succederà ora?”
Si resta quasi sorpresi da come il concetto di “tempo” venga vissuto in modo tanto importante e significativo, da farci riflettere sul fatto che, ogni nostra azione porta sempre e comunque ad un risultato che, in alcuni casi, può generare dolore.
Tutto ciò lo si sperimenta nel film con la storia dell’orologiaio cieco Monsieur Gateau che perde il suo unico figlio durante la Grande Guerra e che, nonostante il dolore straziante per questa perdita, porta a termine l’ultimo lavoro che gli era stato commissionato: l’orologio della stazione ferroviaria di New Orleans. L’orologiaio, al momento dell’inaugurazione, sorprende tutti presentando un orologio che scandisce i minuti in senso antiorario. Questa metafora dovrebbe far riflettere noi uomini sul fatto che, non potendo tornare indietro nel tempo, dobbiamo renderci responsabili delle nostre azioni quotidiane, affinché siano il più giuste possibili, perché ciò che scegliamo oggi, porta a delle conseguenze domani. I pensieri e le azioni di oggi creano il nostro futuro.
Sarebbe bello poter montare intenzionalmente gli ingranaggi dell’orologio del tempo in senso inverso, così da poter tornare indietro e cambiare le scelte del passato che oggi, purtroppo, gravano così negativamente sulla nostra economia, così come per Monsieur Gateau sarebbe stato vitale salvare suo figlio dalla morte sul campo di battaglia. Ma questo non ci è concesso.
Un’altra splendida metafora del film è quella offerta dalla città di New Orleans, proprio quando il temibile uragano Katrina è alle porte e potrebbe cambiarne i connotati. Allo stesso modo, la crisi economica tanto enfatizzata dai mass-media ha focalizzato l’attenzione di tutti noi sul pericolo imminente, generando una paura che ha paralizzato l’economia.
Così come New Orleans, anni fa, veniva mostrata da tutte le tv come una città americana distrutta, devastata, in preda agli sciacalli che cercano ad ogni costo di accaparrarsi tutto ciò che è possibile, e abitata da persone disperate che non sanno come affrontare il domani, oggi in questo caos economico tanto decantato e costantemente ricordato dai media, le vecchie generazioni incontrano difficoltà nel trovare soluzioni, mentre le nuove generazioni non sanno come prendere in mano la situazione, perché non hanno la sufficiente esperienza e conoscenza.
New Orleans, il cui solo nome ci evoca, ancora oggi, immagini apocalittiche, rappresenta però anche il simbolo della ricostruzione, della fiducia, della voglia di cambiare, di cancellare gli errori del passato e di ricostruire un futuro nuovo.
Ed è esattamente ciò che è insito nell’essere umano, ciò che la gente cerca, quello che oggi le aziende vogliono che, noi imprenditori desideriamo. Ma la strada da seguire è ancora poco chiara. Molte sono le diagnosi che sentiamo ogni giorno dai mass-media, molte sono le cure che ci vengono propinate, molte le medicine che ci dicono di prendere, ma ahimè, ancora troppa è la confusione che regna.
Siamo imprigionati nei vecchi schemi, nei meandri della vecchia economia, dei paletti burocratici che noi stessi ci siamo posti, un po’come il nascituro Benjamin Button che nasce con un corpo già vecchio, incapace di muoversi, rigido negli schemi della senilità, poco propenso al cambiamento, e già pieno di paure. Se rimaniamo intrappolati dalle paure che i mass-media sapientemente ogni giorno ci rifilano, rischiamo di restare vecchi e obsoleti.
E’ vero, la crisi c’è, esattamente come Benjamin Button era un bambino nel corpo di un vecchio e non poteva fare quello che facevano gli altri bambini, perché il suo involucro era rigido, lento e lo costringeva a guardare in basso. Ma Benjamin sentiva in lui il forte desiderio di vivere, di crescere e non di morire, di lasciarsi andare, come tutti credevano, e così quando è stato incoraggiato ad alzarsi dalla sedia a rotelle e a fare il suo primo passo, lui ha osato, lui ha creduto di potercela fare, è caduto, ma si è rialzato, dando vita ad un miracolo per se stesso e per chi lo amava.
Questa crisi economica di cui tanto si parla può essere affrontata, a testa alta, e superata brillantemente, facendo il “miracolo” che Benjamin ha fatto con se stesso, ma non con il “vecchio corpo”, non con i vecchi schemi e le vecchie credenze che ci hanno accompagnato finora, e soprattutto, non facendo fare ai nostri giovani le cose che abbiamo fatto noi, perché la storia ci insegna……
Sono solo balle quelle che continuiamo a raccontarci, sono giustificazioni quelle a cui ci attacchiamo e che ci rendono schiavi della nostra stessa paura, la paura di fare qualcosa di diverso, la paura di osare e di “alzarci dalla sedia a rotelle” alla quale ci siamo costretti per anni, convinti di non poter fare altrimenti, perché se oggi viviamo questa crisi, la responsabilità è nostra! Sono, infatti, i pensieri e le azioni che abbiamo fatto nel passato che hanno creato questo presente, pertanto, dobbiamo riconoscere con coraggio ed umiltà che, le scelte fatte allora non erano corrette, non erano lungimiranti, non erano vitali per noi.
Certo non tutti stanno male (per fortuna), ma ciò non significa che non bisogna cambiare. Ognuno deve assumersi le proprie responsabilità domandandosi “In che cosa ho creduto fermamente? Che cosa ho sempre tanto temuto?”. Se riusciamo ad essere onesti con noi stessi, vedremo che quello che stiamo vivendo ora è esattamente ciò a cui noi, con i nostri pensieri e azioni del passato, abbiamo dato semplicemente corpo e forma. Ma una volta che diventiamo consapevoli dell’enorme energia che hanno i nostri pensieri e che il potere è nelle nostre mani, tutto può cambiare.
Benjamin ci insegna come un corpo vecchio si può evolvere, diventando giovane anche in un mondo di vecchie idee, di gente ferma, di persone con poca voglia di vivere, bloccate dalla paura del futuro. La sua “feroce” voglia di cambiamento cerca nuovi spazi, nuove sensazioni, nuove esperienze e, così facendo si evolve, stupendo tutti. Sì, proprio tutti, perché non si è lasciato legare dai preconcetti, dalla legge del passato, ma ha cercato strade alternative, arricchendosi, formandosi attraverso nuove esperienze a 360°.
Questo è un racconto biografico straordinario che, attraversando le varie epoche, ci racconta accadimenti della parabola umana che predica il valore della vita, dell’unione, dell’alternarsi delle stagioni e delle infinite possibilità che il destino può riservare ad ogni essere vivente, nel bene e nel male. Esattamente come la vita delle nostre aziende, dove l’alternarsi di momenti di ironia, di scetticismo, di paure, di malinconie, si intervallano all’esaltazione dei momenti in cui siamo leader di mercato. Insomma, una miscela di insegnamenti umani ed imprenditoriali unici.
Nella nostra vita abbiamo più e più volte sentito dire che i vecchi sono come i bambini. Non è bizzarra l’attuale situazione in cui viviamo? Pensateci, forse non siamo in un’era in cui avremo la fortuna di assistere ad un grande cambiamento, dove finalmente la saggezza dei più grandi si fonderà con la ricchezza e la straripante forza dell’energia dei giovani per costruire un mondo nuovo?
La nostra attuale economia è così, siamo giovani intrappolati in qualcosa di vecchio, ma l’energia che muoveremo farà presto cambiare le cose. Quindi, gettiamo dalla finestra i pesanti e obsoleti strumenti che oggi non servono più, affrontiamo il domani lavorando con i nostri collaboratori, dandogli il giusto spazio, il giusto riconoscimento, implementiamo la loro cultura aziendale con una nuova ed innovativa formazione.
Basta teoria, è la consapevolezza unita all’esperienza che permette la crescita degli uomini e, quindi, delle aziende.
Stop alla formazione banale, fatta di messaggi di poco valore, stantii, e poco credibili, cerchiamo esperienze di vita che ringiovaniscano le nostre idee e ci facciano da propulsore per una vita personale e lavorativa ricca di soddisfazioni.
“Le nostre vite sono determinate dalle opportunità, soprattutto, da quelle che troppe volte ci lasciamo sfuggire“.
Quale strada stiamo percorrendo? Dove vogliamo andare? Cosa vogliamo ottenere? Se ad oggi non abbiamo ottenuto quello che volevamo, quali pensieri e azioni hanno prodotto il risultato che oggi ci fa soffrire? Quali pensieri, possiamo fare oggi per crearci il domani che desideriamo?
Quello che conta è essere capaci di vivere l’oggi nel migliore modo possibile, liberi dal passato e senza l’angoscia del futuro, perché solo il presente è reale, soltanto il presente è la vera opportunità che la vita ci sta offrendo.