Tempo di lettura 9 minuti
“Non esiste un mondo perfetto o modi perfetti per fare le cose bene, esistono modi perfettibili per fare le cose bene quando decidiamo di fare i giusti passi”
Amedeo Furlan
Ho iniziato a studiare i modelli comunicativi nel lontano 1985 e da allora non ho più smesso di sperimentare, ricercare, affinare strumenti, che potessero rivoluzionare l’arte della comunicazione, della vendita, della leadership. Leadership che ho ribattezzato in Drivership. I miei incontri con i più grandi trainer al mondo sono stati importantissimi, dove la mia avidità di sapere, conoscere e approfondire, mi permesso di vagliare come funziona nel nostro cervello la comunicazione. Tutti questi studi, mi ha dato l’opportunità di costruire un nuovo modello di comunicazione che ha il nome di NeuroComunicAzione e NeuroNegoziAzione.
NEUROCOMUNICAZIONE: IL MODELLO SCIENTIFICO
Un modello evolutivo, scientifico, matematico, capace di catturare l’attenzione dell’interlocutore e di trasportarlo letteralmente nelle tre dimensioni attenzionali quali: mentale, emotivo/sentimentale e viscerale. Questo significa aprire il “mastro di chiavi” (per chi ha guardato il film Ghost busters – Acchiappa fantasmi, conosce il significato ….. se non lo avete visto, allora guardatelo) della NeuroComunicAzione. Significa entrare in un nuovo futuro della comunicazione aziendale, comunicazione digitale, della comunicazione sociale, della comunicazione politica, della comunicazione istituzionale, in altre parole in tutti i tipi di comunicazione che influenzano la nostra vita quotidiana, rendendoci liberi da condizionamenti eccellendo nelle relazioni.
Vi chiederete perché lo comunico solo ora al grande pubblico? Semplice perché fino ad oggi era appannaggio solo di alcuni miei clienti, solo per coloro che mi avevano chiesto la consulenza strategica per rendere i loro collaboratori/venditori/consulenti i migliori al mondo.
Per fare tutto ciò, ho dovuto pensare a nuovi assiomi, riqualificare quelli vecchi, uscire dal vecchio concetto che il termine “comunicazione”, cioè “mettere in comune”, cioè condividere pensieri, opinioni, esperienze, sensazioni e sentimenti con gli altri e trasformarlo in un “segnale” frequenziale che attiva correnti elettriche del tronco encefalico prima, cervello limbico poi, che verranno tradotte dall’ipotalamo e dall’ipofisi in neurormoni e neuro trasmettitori, che modificano la fisiologia del nostro corpo aprendo l’esperienza emotiva con il nostro interlocutore.
Questo rivoluzionario strumento di NeuroComunicAzione e NeuroNegoziAzione, agisce sia nella comunicazione di massa, che in quella interpersonale. Ciò che rende più efficace quella interpersonale è quello di porre l’attenzione nelle “parole calde” dell’interlocutore, durante la conversazione e trasformate in “parole chiave”. Parole chiave che miscelate con attenzione andranno a muovere assetti ormonali, generando “consenso” sui livelli mentali, emozionali e viscerali.
L’ulteriore innovazione che rivoluziona la comunicazione interpersonale è legata alla prima stretta di mano, che ci permetterà di capire il “lato seduttivo/negoziale” del nostro interlocutore e creare un rapport neuro fisiologico, che nessuna altra metodica può ottenere.
GLI ASSIOMI DELLA NeuroComunicAzione
Riqualificando gli elementi fondamentali della comunicazione, posso affermare scientificamente:
1) COMUNICAZIONE VERBALE. Ognuno di noi ha un preciso “vocabolario logico-emotivo-viscerale”, capace di muovere a livello limbico, immagini, ricordi, sonori, percezioni, uniche e speciali per ogni persona. Questa comunicazione rappresenta un “codice univoco”, capace di muovere la nostra fisiologia in apertura di comunicazione e attenzione, con il risultato di un feeling efficace ed efficiente. Oppure aumentare lo stress emotivo, tagliando di fatto le cose buone che il nostro interlocutore dice, focalizzando l’attenzione sugli elementi di logica ed emozione che avvalleranno la teoria che ciò che ci viene detto “non ci è utile”. Entrare nei “codici linguistici”, significa avere in mano il libretto delle istruzioni che ci dice come il nostro interlocutore pensa, agisce e comunica con sé stesso e con il mondo esterno.
2) COMUNICAZIONE NON VERBALE. Essa rappresenta il mondo con cui il nostro corpo comunica e trasmette attraverso la propria postura e i propri movimenti, la propria posizione che occupa nello spazio e gli aspetti estetici. La comunicazione non verbale possiamo dividerla in comunicazione macro: sguardi, gesti, movimenti delle mani, andature e abbigliamento, e micro: mimiche facciali, micro espressioni del viso (segnali di rifiuto, di piacere di stress) e ovviamente tutta la struttura del volto, assolutamente rivoluzionaria, come il significato che sta dietro alle asimmetrie tra parte destra e sinistra del viso, alla struttura delle rughe, all’imperfezione della pelle, che raccontano con precisione assoluta la storia emotiva dell’individuo.
3) COMUNICAZIONE PARAVERBALE, legata al tono, al volume e al ritmo, ma anche le pause, le risate, il silenzio che ogni individuo utilizza per esprimere la sua componente verbale. Anche in questo ci sono elementi “micro”, che rappresentano indicatori di disagio, stress emotivo come ad esempio schiarirsi la voce, tamburellare con le dita ed emettere suoni. Nel para-verbale si celano in ogni variazione dei toni dei ritmi e del volume, che sottolineano alcune parole per noi importanti, che diventano elementi utili per individuare quelle “parole calde”, che attivano il i “bottoni emozionali” del cervello limbico che a sua volta attiva l’ipotalamo con conseguente variazione della nostra fisiologia.
Immaginate per un momento di essere nella vostra auto e all’improvviso la radio manda in onda un brano musicale di 10 anni fa che vi riporta sensazioni meravigliose, tanto da farvi venire voglia di cantare a squarciagola, che cosa accade alla vostra fisiologia? Come cambia il vostro respiro? Cosa accade di bello nella vostra mente e nei vostri pensieri? Vi sentite meglio e più motivati?
Pensate ora che alla radio abbiamo messo un brano che vi ricorda un evento brutto e negativo, cosa accade alla vostra fisiologia? Vi sentite più tristi, più malinconici, più frustrati e arrabbiati?
Queste sono le ancore sonore, che come quelle verbali (parole evocative armoniche e disarmoniche) attivano comportamenti neuro fisiologici diversi ed opposti, positivi e negativi. Anche nei gesti, nelle espressioni dei volti c’è una specifica cablatura nel cervello limbico che attiva il comportamento corrispondente.
Lo studio specifico che ho effettuato in questi 35 anni di lavoro clinico è stato quello di catalogare, ogni singolo elemento verbale, para-verbale e non verbale, per costruire ogni assioma comunicazionale, che genera risposte neurofisiologiche, al fine di correggere le risposte disfunzionali e trasformarle in risposte funzionali e vitali per l’individuo. Questo processo, di coaching, di terapia comportamentale comprende la conoscenza dell’arte medica (neurofisiologia, biologia, biochimica, epigenetica, la medicina informazionale), dell’arte psicologica (psico-neuro-endocrino-immunologia, gli archetipi della psicologia Junghiana, la psicosomatica, la PNL, gli elementi essenziali della fisica quantistica, ecc.,ecc.) e non può essere banalizzato, come ad esempio dire che il peso della nostra comunicazione è: 7% verbale, 38% non verbale e 55% non verbale. Questo tipo di assioma, usato impropriamente da una fetta di “trainer e coach” è una assoluta bugia, smentita più volte dal Prof. Albert Mehrabian, psicologo statunitense, che condusse delle interessanti ricerche iniziate nel 1967 e concluse nel 1972 e pubblicate nel libro Nonverbal Communication, sull’importanza dei diversi aspetti della comunicazione nel far recepire un determinato messaggio. In questa ricerca trasse la conclusione per cui gli aspetti non verbali (i movimenti del corpo, la postura, la gestualità, le espressioni e le micro espressioni facciali) e paraverbali (tono della voce, ritmo, velocità di parlata) della comunicazione hanno una grande importanza nel veicolare i messaggi che esprimiamo ogniqualvolta ci troviamo a dialogare con uno o più interlocutori. Per essere più chiari quando diciamo la frase, “non sono arrabbiato”, lo stato d’animo che esprimiamo a parole è visibilmente congruente anche attraverso il tono di voce e l’espressività del corpo. Da ciò discende quello che lo stesso Albert Mehrabian da buon ricercatore, aveva chiarito cioè che le percentuali sopra riportate sono vere quando vengono comunicati sentimenti e atteggiamenti.
Quindi nel nostro cervello limbico dove sono cablate tutte le emozioni, le parole evocative generano un tipo di proiezione, che viene amplificata dal paraverbale e dal non verbale, determinando nel soggetto ricevente una ben precisa risposta mentale, emotiva e viscerale.
In letteratura, fortunatamente troviamo molti autori che spiegano il peso e l’importanza del verbale, para verbale e non verbale.
GLI ASSIOMI DELLA NeuroComunicAzione
Partendo dalle pubblicazioni dello psicologo Paul Watzlawick e altri importanti esponenti della Scuola di Palo Alto che pubblicarono l’esito delle loro importanti ricerche nel volume intitolato: “Pragmatica della comunicazione umana”, ho voluto sottolineare, attraverso opportune revisioni e riformulazioni, alcuni assiomi della comunicazione. Assiomi che rappresentano verità evidenti e indiscutibili alla base di numerose evidenze neuro fisiologiche.
1°ASSIOMA: non si può non comunicare. La non-comunicazione è impossibile, perché qualsiasi comportamento comunica qualcosa di noi ed è impossibile avere un non-comportamento. È un assioma talmente semplice quanto basilare e quotidiano, sotto gli occhi di tutti che ogni comportamento, di qualunque genere, veicola un messaggio, un’informazione, o più precisamente una comunicazione. Uno degli elementi fondamentali di questo assioma è la rivoluzionaria metodica, che ho messo a punto, che spiega il significato delle asimmetrie del volto, la struttura delle rughe, la dimensione verticale della fronte, la dimensione dei tratti zigomatici, la struttura del mento, la forma del viso, la diversità della dimensione del tratto che va dalla fronte al naso e dal naso al mento. Un viso triangolare è diverso da un viso ovoidale, che è diverso da un viso quadrato. Tutti questi elementi, che verranno trattati nel mio prossimo libro, rivelano la vera storia dell’individuo e il come lui approccia alla vita. Ogni sua asimmetria, ogni sua ruga, trasmette un messaggio, chiaro, inequivocabile, capace di dirci con la stretta di mano quali sono i suoi bisogni inespressi e come desidera ottenerli.
2°ASSIOMA: la comunicazione passa da quattro filtri strutturali: cognitivo razionale, emotivo e viscerale, che a sua volta si divide in viscerale associativo e viscerale percettivo ed infine la risposta adattativa. In questo articolo senza entrare nel dettaglio, affronto il tema della divisione dei due emisferi cerebrali destro razionale e sinistro creativo svolto da Roger Sperry, neurobiologo statunitense, e dai suoi collaboratori (tra cui Michael Gazzaniga, Joseph LeDoux, David Hubel, Torsten Wiesel, ecc.) che hanno dato un contributo fondamentale alla comprensione del funzionamento del cervello umano. Questo gruppo di ricerca capitanata da Roger Sperry, ha svolto numerose ricerche, su pazienti che per effetto di una pericolosa forma di epilessia, avevano subito la separazione dei due emisferi mediante la scissione del corpo calloso (split-brain).
Questi esperimenti hanno evidenziato che l’emisfero destro elabora i dati in modo rapido, spaziale, non verbale, sintetico e globale, mentre l’emisfero sinistro, al contrario, analizza i particolari, scandisce lo scorrere del tempo, programma, svolge funzioni verbali, di calcolo, lineari e simboliche (The split brain: A tale of two halves pubblicato su Nature).
Per questa ricerca l’equipe ha ricevuto numerosi riconoscimenti: California Scientist of the Year Award nel 1972, Wolf Prize in Medicine e Albert Lasker Medical Research Award nel 1979 e ottenuto, nel 1981, il Premio Nobel per la Medicina e la Fisiologi.
Partendo da questa ricerca la domanda che sorge spontanea è: Dato che questa sperimentazione nasce dopo la scissione del corpo calloso e non in soggetti sani, le stesse deduzioni si possono fare anche su soggetto che non hanno avuto lo split-brain?
Grazie agli studi di Thomas Bever (docente di Scienze Cognitive e Neuroscienze presso l’University of Arizona, Howard Gardner, docente presso l’Harvard University, nel libro “Aprire le menti”), Vilayanur Ramachandran (neuroscienziato indiano, che ha scritto “Che cosa sappiamo sulla mente”), Stephen Kosslyn, (neurobiologo cognitivo docente ad Harvard, propone, che ha scritto il libro “Top Brain, Bottom Brain: Harnessing the Power of the Four Cognitive Modes”), possiamo affermare che questa netta divisione fra emisfero sinistro e destro non è così netta.
Ecco perché affermo che ogni elaborazione comunicazionale, attivando una fitta rete neuronale con successiva risposta fisiologica si innesca a seconda delle situazioni esterne e del vissuto della persona.
Tali mie affermazioni sono supportate dagli studi di Kosslyn, che durante alcune ricerche sulla formazione di immagini mentali a occhi chiusi, ha notato una “via neurale” che coinvolge la parte “alta” del cervello (che comprende il lobo parietale e la parte superiore del lobo frontale), che utilizza le informazioni provenienti dall’ambiente per decidere gli obiettivi e le strategie da seguire. Mentre nella parte “bassa” (formata dalla sezione inferiore del lobo frontale e dai lobi temporale e occipitale) sembra si attivi una diversa “via neuronale”, che confronta le percezioni con le informazioni in memoria per interpretare e classificare oggetti e situazioni e decidere come agire (vitale o mortale e nel mortale muoversi in direzione fuga, attacco o restare fermi).
LE 4 MODALITÀ PRINCIPALI DELLA NeuroComunicAzione
A seconda delle preferenze nell’utilizzo della parte “alta” o “bassa” del cervello, si delineano quattro modalità principali di comunicazione:
3°ASSIOMA: all’interno di ogni comunicazione si possono individuare vari livelli di interazione: contenuti e sentimenti. Quando comunichiamo trasmettiamo un contenuto, che a livello più superficiale dice “cosa” stiamo comunicando. Nel contenuto abbiamo parole evocative (valoriali, che esprimono convinzioni, opinioni), sensoriali, ambigue. Ognuna di queste parole (a cui noi diamo un preciso significato, legate alle nostre esperienze dirette e indirette. Indirette ereditate dai nostri genitori e dalle generazioni che gli hanno preceduti, che “impiantano” dei contenuti “epigenetici emozionali” nel nostro cervello limbico) attiva segnali elettrici, ormonali e di neuro trasmettitori, che avviano attività fisiologiche che ci mettono in: quiete, in allarme, o che sfocia in un blocco, o portano l’individuo ad attaccare o scappare. Il contenuto agisce direttamente sul livello di relazione agendo sull’attivazione del feeling/rapport. Se paragoniamo la comunicazione come uno scambio energetico tra due elementi a “potenziale elettrico” differente, possiamo dire i messaggi che gli esseri umani si scambiano tra loro sono basati da elementi vibrazionali e da energia, attivata dallo scambio informazionale. Ogni comunicazione comporta di fatto un aspetto di meta comunicazione/informazionale che determina la relazione tra i comunicanti.
4°ASSIOMA: il significato della comunicazione, dipende dal feed back che se ne ottiene e non dalle intenzioni, ma è fortemente influenzato dallo stato d’animo di chi emette la comunicazione e da chi la riceve. Immaginate di aver avuto un grosso imprevisto in prima mattinata, un imprevisto che ha modificato enormemente il vostro stato d’animo. Dato che avete la reputazione di una persona ottimista, determinata, e sempre pronta ad agire, cosa può accadere se in quella mattinata avete dei colloqui di lavoro, delle negoziazioni, delle riunioni, se avete questo pensiero ossessivo che vi attanaglia la mente? che cosa accade nella vostra fisiologia comunicativa? Il vostro atteggiamento in quel preciso istante è come quello di tutti i giorni? Se non siete un highlander, con molta probabilità, quando incontrerete il vostro interlocutore, vi “sentirà”, vi “percepirà”, diverso e con molta probabilità vi chiederà se tutto va bene, e se anche rispondere: “si è tutto ok”, lui noterà che il vostro para-verbale e non verbale non è allineato con la componente verbale se questo progetto da vendere o da condividere, fosse veramente vitale per voi, la vostra famiglia, il vostro futuro, verrebbe realmente percepito importante dal nostro interlocutore? Pensate ad un’altra situazione; vi è mai capitato che durante una chiacchierata qualche parola vi abbia irritato, fatto arrabbiare o rattristire? Questa variazione di stato d’animo vi permettono di essere eccellenti nella comunicazione relazionale? La risposta ovvia è che un disagio emotivo, fa perdere una fetta grossa della comunicazione con l’interlocutore determina una perdita di rapport, togliendo alla chiusura una fetta di energia positiva significativa. Anche la “punteggiatura” usata con uno stato d’animo alterato o legata a pre-giudizi e preconcetti, cambia il significato dato alla comunicazione e alla relazione. Nella comunicazione relazionale abbiamo la fusione di “mappe mentali, emozionali e interpretative” diverse, che comportano uguaglianza nella visione delle cose o differenze. Nella vita di coppia, per esempio, il rischio è quello di osservare la situazione esclusivamente dal proprio punto di vista, usando cioè la propria punteggiatura e non riuscendo a cogliere quella dell’altro, generando equivoci, che portano a discussioni e relazioni conflittuali con la conseguenza di una distorta visione della punteggiatura nella relazione.
5°ASSIOMA: la comunicazione efficace ed efficiente è quella in cui si diventa capaci di codificare, ricalcare il linguaggio dell’interlocutore, le sue caratteristiche culturali, ed emotive. In questo assioma poniamo l’attenzione e la differenza tra comunicazione analogica e digitale. La comunicazione analogica si basa sulla somiglianza, e veicola prevalentemente gli aspetti di relazione e prevede una perfetta corrispondenza tra il significato e il significante. Nella comunicazione analogica rientrano la comunicazione non verbale e l’utilizzo di immagini. La comunicazione digitale, invece, riguarda l’uso delle parole, cioè dei segni usati convenzionalmente per designare qualcosa. Come detto all’inizio dell’articolo, ognuno di noi ha un vocabolario linguistico (logico, emotivo, sensoriale, viscerale) ben definito e personalizzato, che si forma nel tempo in funzione del sistema culturale, religioso, sociale, familiare. Questo vocabolario è esperienziale, ed ha per ogni parola una perfetta connotazione emozionale nel nostro cervello limbico. Connotazione che determina la nostra risposta neuro ormonale e fisiologica. L’unione delle lettere c-a-s-a, per esempio, riproducono nella nostra mente ciò che per noi rappresenta casa. La parola c-a-s-a ha lo stesso significato per tutti? Nell’immagine mentale di alcune persone, può essere un bel appartamento, per altri un attico, per altri ancora una villetta a schiera e così via. Non esiste un’analogia strutturale tra casa reale e la sequenza delle lettere c-a-s-a: il fatto che esso ricordi un luogo dove andare a dormire e vivere con la famiglia è il risultato di una convenzione fissata nella nostra lingua. Immaginate ora se per qualcuno che ha subito abusi in una casa di campagna, cosa può variare a livello fisiologico e mentale, portarlo a vedere una casa in mezzo alla campagna? Per voi un paradiso, per l’altro un incubo. Quindi può una parola avere un significato diverso tra i due interlocutori? Le esperienze diverse possono generare un asset di parole diverso tra due soggetti? Pensate se uno ha vissuto una vita agiata e uno di dure esperienze, le parole possono assumere significati diversi? Ovviamente sì. Ed è per questo che nell’ascolto digitale del linguaggio va posta attenzione alle parole calde del nostro interlocutore, così da poterle utilizzare e entrare in armonia logico, emozionale e viscerale con l’interlocutore. La congruenza tra i due mondi linguistici esperienziali è un elemento fondamentale nel corso delle nostre interazioni con gli altri, al fine di evitare una discrepanza tra il contenuto e la forma che mina l’esito della conversazione stessa. Facciamo un esempio concreto. Supponiamo che stiamo parlando di una casa e il nostro interlocutore dica questa frase: “la casa è un elemento fondamentale per la costruzione di un “nido familiare”, essa deve essere sicura, accogliente, calda e permettere la crescita dei futuri figli in modo adeguato e funzionale, così da rendere facile la vita di tutti i giorni”. Mentre ascoltate ciò che l’interlocutore dice, vi accorgete che dal punto di vista paraverbale (toni e volume) e non verbale (gesti, movimento delle mani e sguardi), ha dato enfasi alle parole che vi ho sottolineato. Ora avete due possibilità, o “ricalcare linguisticamente” le parole che vi ho evidenziato e generare un fisiologia positiva nel vostro interlocutore, o fare come avete fatto fino ad oggi, che è quello di rispondere secondo la vostra “mappa esperienziale”, con conseguente disallineamento del piano logico, emotivo, viscerale. Mantenere l’allineamento, con la NeuroComunicAzione, significa rispondere così: “trovo interessante quando si parla di nido familiare, fare in modo che la casa non sia solo sicura, ma funzionale e facile nella vita di tutti i giorni. Questo è l’elemento fondamentale per la crescita dei nostri futuri figli”. Quello che avete appena letto è un perfetto allineamento linguistico che ha trasformato le parole calde (nido familiare, fondamentale, sicura, crescita dei figli, funzionale e facile) in parole chiave, capaci di mantenere un livello neuro fisiologico positivo e non stressante e disarmonico.
6° ASSIOMA: ogni individuo ha un suo preciso lato negoziale/seduttivo. Ma come fare a capire qual è il primo lato di negoziazione/seduttivo di una persona?
La risposta è semplice: significa osservare l’interlocutore e vedere come si posiziona di fronte a noi.
Esistono 3 tipi di posizioni negoziali/seduttive:
Legate alle tre posizioni negoziali/seduttive, esistono tre tipi di approcci linguistici diversi che hanno lo scopo, attraverso il mirroring non verbale e il giusto para verbale, di creare il miglior clima mentale, emozionale e viscera per il nostro interlocutore, che ci vedrà “amico”, anche se non ci conosce.
Esempio:
Se dovessimo trovarci di fronte ad una persona che si pone davanti a noi a 45° lato sensoriale/cinestesico, il nostro saluto dovrebbe essere:
oppure:
Essendo questo il lato in cui il cliente entra nel mondo della percezione e sensazione interna, una frase di questo genere andrà a colpire con grande efficacia la parte profonda del subconscio, cervello limbico, che genererà una neuro fisiologia che porterà immediatamente piacevolezza dell’incontro dando vita ad una conversazione aperta con un rapport forte e potente.
Se l’interlocutore ci venisse incontro e nella stretta di mano il suo corpo fosse frontale al nostro, il tipo di saluto potrebbe essere il seguente:
In questo modo canalizziamo la comunicazione verso il sistema sensoriale emotivo più legato alla componente visiva, e riuscendo ad interagire nei primi secondi con il suo sistema di filtrare le informazioni con il suo canale sensoriale preferito.
Nel terzo ed ultimo caso, più raro da incontrarsi, il primo approccio negoziale con il cliente è a 45° dialogo interno/auditivo, piede sinistro e spalla sinistra più avanti della spalla e del piede destra.
In questo caso l’interlocutore è più legato al sistema sensoriale auditivo verbale, per cui l’approccio linguistico potrebbe essere:
La stretta di mano, ci dà altri tre importanti elementi per capire il nostro interlocutore:
1° SPAZIO PROSSEMICO: la prossemica di negoziazione/seduzione studia di fatto qual è lo spazio ideale che ci deve essere fra le parti, affinché l’energia di comunicazione rimanga a livelli tonici, evitando così che l’adrenalina tossica, emessa in questa prima fase di approccio conoscitivo, generi uno stato di stress dovuto all’invasione dello spazio vitale, scatenando nell’interlocutore diffidenza e intolleranza.
2° ESTRARRE LE CREDENZE DALLA STRETTA DI MANO: questo assioma di base è stato testato su migliaia di casi, dandoci inequivocabilmente che attraverso la stretta di mano è possibile verificare le credenze che il nostro interlocutore ha nei confronti di se stesso e degli altri.
Credenze che, possono diventare potentissimi strumenti per evitare preconcetti e pregiudizi durante la relazione comunicativa.
Per identificare le credenze in-out basterà, durante la stretta di mano, esercitare una leggera torsione/rotazione della mano di pochi gradi verso l’interno e verso l’esterno, in tal modo verificheremo il grado di rigidità che l’interlocutore opporrà a queste torsioni.
Maggiore sarà la resistenza che opporrà alle torsioni, più elevata è la rigidità del nostro interlocutore nei confronti di pensieri, azioni che escono dalla propria area di confort.
Es.: Rigidità di credenze verso l’esterno: se nella stretta di mano il cliente oppone grande resistenza alla torsione verso l’esterno, significa che tendenzialmente utilizza nella lettura del mondo esterno preconcetti e pregiudizi rigidi verso le altre persone come: i venditori pensano solo a se stessi, le donne che lavorano non crescono bene i figli, per essere buoni manager si deve essere uomini guida, chi non comunica guardandoti negli occhi è falso, solo con i sacrifici si vince ecc., ecc.
Es.: rigidità nella torsione della mano verso l’interno: significa che il nostro interlocutore ha una maggiore rigidità verso le credenze che riguardano se stesso; tipico esempio è uno che ha skills e conoscenze elevate ma, non avendo sicurezza in se stesso, non mette in atto strategie per essere altamente performante. Un altro esempio riguarda le persone che si affidano a credenze del tipo: non sono portato per… , e restando rigidi su questo copione di vita, non fanno nulla per attivare nuovi comportamenti.
Capire da una stretta di mano quali sono le credenze, ci porta a generare una migliore calibrazione e pianificazione strategica della nostra comunicazione; strategia che nel caso di credenze esterne rigide, possiamo riassumere in un ricalco contenutistico.
2° ESTRARRE I VALORI DALLA STRETTA DI MANO: mentre le credenze rappresentano il Vangelo di una persona, la sua struttura scheletrica razionale, cioè ciò crede vero o falso riguardo ad un determinato argomento, il Valore ha un aspetto più limbico e può essere considerato una super credenza; per essere concreti: una persona crede di saper fare una determinata cosa, sa di poterla fare, ne è convinta, e non ha dubbi, ma se non è supportata da un valore, ciò che è importante per lei/lui, quella cosa non la farà, quindi il valore è il vero combustibile, che spinge la persona verso l’azione, cioè la motivazione.
I criteri che soddisfano i valori racchiusi in un avambraccio: per capire i criteri che soddisfano i valori di una persona, durante la stretta di mano, basterà spingere l’avambraccio leggermente all’indietro; se l’interlocutore opporrà resistenza, significa che all’interno dei suoi top valori, i suoi criteri di soddisfazione sono rigidi.
Viceversa, se l’avambraccio non mostra nessun tipo di resistenza, i criteri di soddisfazione del valore sono più flessibili.
7°ASSIOMA: negli scambi comunicativi possano essere simmetrici o complementari. È una conseguenza del 5° e si evince dalla rigidità del polso (credenze) e dalla rigidità dell’avanbraccio (criteri di soddisfazione dei valori), che ci pone di fronte a due tipologie di relazioni che si possono instaurare tra individui che interagiscono tra loro, riguardanti la posizione di leadership assunta durante la conversazione. Quando l’interazione tra i due interlocutori è sullo stesso piano abbiamo una comunicazione relazionale simmetrica. Questo tipo di comunicazione può essere simmetrica pura, quando si trova allineata sia sul piano logico, emotivo e viscerale, impura quando è allineata sul piano logico ed emotivo e non su quello viscerale. Per esempio, le persone possono essere in totale accordo sulla logica di un progetto, emozionalmente coinvolte, ma sul piano viscerale uno dei due è costretto a scendere a compromessi e tollerare alcune regole che soddisfano i valori dell’interlocutore e non i propri. Questa simmetria impura dove nessuno dei due sembra voler essere sottomesso dall’altro, può arrivare ad accesi scontri e toni aggressivi.
Nell’interazione complementare, gli interlocutori non sono sullo stesso piano; uno dei due è in sottomissione o subordinanza nei loro scambi comunicativi relazionali. Anche in questo caso c’è una distinzione: la subordinanza può essere funzionale alla natura valoriale del rapporto, come ad esempio nel rapporto “sano” tra genitori e figli, in cui il genitore è un adulto significativo, preparato e con capacità di orientamento, oppure può essere disfunzionale, ad esempio nel caso tra dipendente a datore di lavoro in cui l’interazione è basata sulla convenienza della retribuzione mensile, ma non legata al valore che do al mio interlocutore.
Punti focali di questo articolo
Per comunicare in modo efficace ed efficiente, bisogna studiare e applicare le regole trascrittesopra, capire che per entrare in relazione con una persona bisogna “scoprire la sua mappa mentale del mondo” e questo lo facciamo osservando, ascoltando e “ricalcando” le parole calde, trasformandole in parole chiave. Una volta generato lo stato neuro fisiologico corretto si passa alla fase di “guida sintonica” (win – win) prestando attenzione alle altre modalità espressive verbo-gestuali. Non dimentichiamoci di tenere in considerazione la struttura del viso, le asimmetrie, le rughe, la forma del naso, la dimensione della bocca, la struttura delle labbra, la dimensione delle narici, la dimensione della fronte, dei tratti zigomatici, perché ci raccontano tutta la storia emozionale del nostro interlocutore……Ovviamente non dimenticate che già dalla stretta di mano abbiano altri importanti parametri come le credenze e i criteri che soddisfano i valori.
Amadeo Furlan