Consulenti più selettivi

Post di Paolo Martini 15 Gen 2011

I private banker per seguire bene i propri clienti devono fissare una soglia di patrimonio minimo. In modo da concentrarsi sulla relazione con i Paperoni

Nei prossimi dieci anni crescerà in modo esponenziale il bisogno di consulenza anche per effetto dello sviluppo della ricchezza a livello mondiale. Oggi siamo ancora all’inizio di una professione caratterizzata da forti potenzialità che darà grandi soddisfazioni a chi saprà coglierne l’essenza vera e cioè il valore della relazione e la capacità di risolvere problemi concreti del cliente con un altissimo livello di professionalità e competenza. Per fare questo però occorre avere il coraggio di rimettersi in discussione rivedendo il proprio modello relazionale e i propri obiettivi di crescita. Naturalmente questa evoluzione non può essere fatta da tutti per motivi di cultura, età, capacità e voglia di fare. Per chi ci crede e ci riesce potrà cambiare in meglio Fattività nei prossimi anni.

Siamo di fronte a un bivio forte e deciso ed è corretto, all’inizio dell’anno, tirare le somme sugli obiettivi futuri. Oggi non c’è più spazio nella promozione finanziaria per soggetti passivi che non hanno voglia di imparare cose nuove anche perché l’innovazione di prodotto e di contesto è tale che se non si è costantemente aggiornati si è tagliati fuori. Lo sviluppo del settore dei decenni passati è storia vecchia che non si ripeterà in futuro perché diverse sono le condizioni. La concentrazione della ricchezza nelle mani di pochi è un fenomeno tipico dell’economia ed è un dato di fatto che caratterizzerà anche i prossimi anni. Prima di tutto occorre quindi focalizzarsi e decidere quali clienti servire e gestire. L’epoca del prendo tutto quello che capita non ha più futuro. Non bisogna cercare di essere molto per tutti ma tutto per alcuni. Ci si deve comportare esattamente come un’azienda decidendo a priori un chiaro modello di sviluppo del proprio business, obiettivi precisi e quale strategia di marketing adottare. Questo può voler dire perdere alcuni clienti storici minori, in alcuni casi anche amici ma non ci sono alternative per chi vuole cogliere le opportunità (e saranno tante) che il mondo del private banking offrirà nei prossimi dieci anni.

Bisogna quindi porsi delle domande chiave. In quale business voglio operare? Cosa mi rende diverso dagli altri? Cosa mi manca? Ho una struttura personale e aziendale adeguata per raggiungere i miei obiettivi? Investo del tempo e delle risorse sulla mia crescita personale? Sono un attore attivo o passivo del mio futuro? Dopo aver chiarito i propri obiettivi bisogna concentrarsi in modo maniacale sugli aspetti chiave che ci distinguono da tutti gli altri e prepararsi a non essere mai banali e trattare i clienti come tutti diversi. Serve far percepire la personalizzazione in tutto quello che si fa perché i clienti abbienti odiano le standardizzazioni. Si deve trasmettere chiaramente che quel prodotto e quella soluzione sono ideate e pensate apposta per lui.

Occorre essere attenti ai dettagli e alla perfezione. Parlando con i più grandi Private Banker emerge in modo evidente questo modo di intendere la relazione. Tutto deve essere perfetto iniziando dalle cose più piccole che sono sempre quelle che fanno la differenza. Rispondere al telefono entro 3/4 squilli, essere sempre e comunque disponibili o chiarire bene quando si può essere raggiunti (anche se questo lavoro richiede a priori moltissima disponibilità), rispondere alle mail in tempi rapidi (massimo 24 ore), avere un ufficio che esprima qualità e professionalità con una segretaria o assistente che sappia fare bene il suo lavoro. Inoltre bisogna essere sempre impeccabili nell’abbigliamento (rispetto al contesto), sprizzare energia e motivazione ed essere fortemente consapevoli del proprio valore, anche perché in assenza di questo il costo sarà sempre un problema. Se ci si trova in uno stato d’animo cupo occorre sforzarsi di simulare un diverso atteggiamento oppure non incontrare i clienti in quel momento. II cliente sceglie principalmente il consulente e non i prodotti o l’azienda.

Occorre poi trovare il modo di coccolare i propri clienti dando loro segnali concreti di attenzione invitandoli ad eventi e momenti di incontro utili alla loro attività (non alla nostra). In ogni modo i clienti vanno sempre contattati, di persona, al telefono o via mail almeno 20/30 volte all’anno. Di meno non è utile ed è molto rischioso. Tutte le indagini evidenziano come i clienti decidano di cambiare consulente principalmente perché si sentono trascurati e non seguiti in modo adeguato. Servono poi anche fortissime competenze relazionali e tecniche per poter aiutare il cliente nella gestione di tutte le sue problematiche legate alla persona, alla famiglia e all’azienda. Chi segue questa strada deve avere il coraggio di considerare i suoi clienti secondo parametri diversi.

Dopo aver definito il taglio minimo di ingresso, (500 mila euro/1 milione), si può ad esempio considerare i clienti che hanno con noi meno del 15% del portafoglio come clienti potenziali a tutti gli effetti e quindi trattarli come tali per concentrarci sulla crescita della relazione. Un Private Banker che segue questa strada e opera in una struttura che lo supporta concretamente deve far crescere il suo patrimonio del 10% all’anno al netto dell’effetto mercati. Questo settore, che se ne dica, è ancora all’inizio, per questo per chi vuole e ci crede il futuro non può che essere di grande successo. Basti pensare che il 55% degli asset nel Private Banking in Italia non sono gestiti da strutture specializzate.